ASD Delfino Triathlon ChioggiaAcqua.Partenza turbinante e schiumosa, centinaia in linea di partenza. Io insieme al campione. Lui vince, io arrivo. Onde, respiro, acqua evitata, bevuta, solcata, cercata, saltata, spostata. Mare, lago, piscina. Dipende. Si parte insieme, si cerca il ritmo, le botte si prendono, si danno, si evitano finchè non trovi il tuo posto, la tua direzione, il tuo respiro che sai ti porterà fino all’aria. Sono 10 minuti, è mezz’ora: ogni lunghezza ha la sua dimensione fisica, emotiva. Va interpretata, stimata, coccolata. Conclusa.Elemento originale, primigenio, ancestrale. Silenzio prima mentre la osservi piatta e uniforme davanti a te, silenzio durante mentre la attraversi, silenzio dopo quando la lasci ritornare alla sua calma ed intoccata potenza. Ritmo cadenzato delle braccia, rintocco potente delle mani che come pendolo scendono e salgono. Si allungano alla ricerca dell’ultimo centimetro utile, affondano sotto il bordo, si piegano e tirano. L’elemento liquido solidifica mentre lo trai a te cercando come Cagliostro di modificarne l’alchimia: più diventa pietra e più tirare sarà redditizio. Spinta non appena la mano scende sotto di te fino ad uscire dall’acqua, per rientrarvi dopo un attimo quando nuovamente sarà il suo turno, in quel ritmato ritorno a casa che gli altri chiamano nuoto.Prima frazione.Aria.Prima transizione. Recupero. Il cuore si abbassa ed il mezzo è lì, che ti aspetta. Lo conosci e lo rispetti: solo tu sai quanto ci sei stato e sai dove ti conduce. Dritto nell’aria. Libertà che ti accarezza veloce il viso. Le piombi addosso “a tutta” cercando di conquistarla, ed un attimo dopo è andata, fuggita, evaporata. Ci provi allora insieme, in gruppo, in scia. A 40 all’ora, a 45. Gambe che spingono affamate d’ossigeno nel tentativo di placare l’implacabile. L’aria è più veloce. Per quanto tu vada, per quanto tu spinga, per quanto tu ci sia. L’aria sarà sempre davanti: irraggiungibile come un sogno. Inarrivabile come la verità. Umiltà. E’ una lezione e noi siamo i piccoli che imparano e non capiscono. Ogni volta partiamo fiduciosi ed ogni volta ci caschiamo. Ci vuole umiltà. Ci vuole unità. Ci vuole tempo ed impegno. Per tutto. Hai voluto la bicicletta? Seconda Frazione.Terra.Seconda transizione. Recupero affannoso. Restano solo le scarpe e te stesso. Sei solo: nessun gruppo, nessuna scia, nessun mezzo che ti dia l’illusione della forza meccanica al tuo servizio. Il gesto elementare, il gesto dell’Africa, il gesto delle origini: piedi, ginocchia, tendini e cervello. Polpacci, quadricipiti e cuore. L’aria si fa lenta all’improvviso. Il ritmo è quello tuo. Solo quello. Non può essere quello di un altro, neanche quello del tuo vicino. I tuoi passi sono i tuoi passi, il tuo respiro è il tuo respiro. La tua via. Il tuo senso. E quando tutto si sistema ti imbatti in tutto ciò che ti rende te stesso. L’aria acquista un senso anche se lenta perché il motivo è durante, non la meta.Tutto ciò che era limite diventa strumento, perché quel limite ti connota, ti delinea e ti sostanzia.Corri. I piedi per terra ci vogliono. Pochi grilli per la testa. Piedi e terra profumano di radici, che correndo si rendono evidenti, passi che come rintocchi di luce rischiarano l’oblio accendendo ad intermittenza lo sguardo verso l’infinito di ciascuno di noi. Fine.Fuoco.Quello che un po’ brucia e ti fa male e un po’ arde e ti riscalda. Storie diverse, sensibilità differenti. Però vicine. Simili. Affratellate. Dalla fatica e non solo. Dalla profondità dell’uomo che mette in gioco tutto se stesso e nel farlo trova somiglianza e ragioni di contiguità. Magari inconsapevolmente. Dal “pasta e fadiga” al “big day training”. Elementare complessità. Complessa semplicità. Tutto qua il Triathlon. Tutto qua. Come tante altre cose vissute intensamente. Né più né meno. Né meglio né peggio. Un pezzo di vita vissuta con altri, col sincero vincolo della fatica che livella, accomuna, e rende amici.